Intervistato da Enrico Camelio ed Emiliano Viviano in rappresentanza di TvPlay.it, il difensore romanista ha risposto ad alcune domande. Di seguito le sue parole.
Giunto alla sesta stagione in maglia giallorossa, il centrale classe 1996 ha totalizzato 267 presenze con la Roma. Divenuto un imprescindibile sin da subito, l’ex Atalanta guida da anni la trincea capitolina. Con un carisma ed una grinta che hanno conquistato la tifoseria in poco tempo, Mancini si è guadagnato il ruolo di vice-capitano.
Enrico Camelio ed Emiliano Viviano lo hanno intervistato nella sala stampa di Trigoria per conto di TvPlay.it. Ecco le dichiarazioni del difensore azzurro.
Daniele De Rossi ci ha detto che sei eccezionale, anche fuori dal campo…
“C’è un aneddoto: conobbi un collaboratore dello staff di De Rossi, che mi confessò di avere antipatia nei miei confronti per via dei miei atteggiamenti in campo (che sto cercando di migliorare). Dopo una settimana venne da me e mi disse che si era ricreduto. Anche Ranieri, quando l’ho conosciuto, mi ha confessato che in campo mi odiava”.
Ranieri è stato l’allenatore che più ti ha fatto maturare?
“C’è stata un’evoluzione, prendevo tanti cartellini senza senso in passato. Da quando è arrivato De Rossi ho iniziato a migliorare su questo aspetto. Anche con gli arbitri il rapporto è migliore, è una questione di maturità che aumenta con il tempo”.
Tanti gialli sì, ma poche espulsioni…
“Vero, anche perché non ho mai fatto entrate brutte. L’unica che mi ricordo è quella nel derby di Coppa Italia, quando ho preso 3 giornate per le troppe proteste con Orsato. Poi gli ho chiesto scusa”.
In passato ti abbiamo visto giocare a centrocampo, ti trovi bene anche lì?
“Eravamo in un contesto d’emergenza. Ci avevo giocato anche da ragazzino, ma, a questi livelli, non penso sarei in grado di giocare a centrocampo con grande continuità di rendimento”.
In una difesa a 3, dove ti trovi meglio? Al centro o come braccetto?
“Ho quasi sempre giocato da terzo di destra, sin dai tempi dell’Atalanta. Ultimamente, con Ranieri, sono stato dirottato anche al centro. Mi ci trovo molto bene e mi sento a mio agio, è sempre un arricchimento del bagaglio tecnico”.
Hummels ti ha aiutato nella crescita avuta quest’anno?
“Assolutamente si. Avere campioni di questo calibro nello spogliatoio ti aiuta a crescere sia in campo che fuori, nel quotidiano. Ha 36 anni e gioca ancora a questi livelli: è un professionista super. Lo studio e lo osservo perché voglio arrivare alla sua età come lui. A Bilbao l’arbitro è stato severo con Mats, secondo me non era da espellere”.
Pensi di meritarti il ritorno in Nazionale?
“Spalletti ha creduto in me, portandomi all’Europeo l’anno scorso. Gli sarò sempre grato per l’opportunità che mi ha concesso, anche se contro la Svizzera non è andata bene. Cerco semplicemente di giocare bene, così da meritarmi il ritorno a Coverciano”.
Se un allenatore ti mandasse in panchina con regolarità, come la prenderesti?
“Rispetterei la scelta, chiedendomi il perché. Mi analizzerei, cercando di capire se mi alleno bene. Poi, nel caso, andrei a parlarci. Farei comunque di tutto per fargli cambiare idea attraverso le prestazioni. L’importante, però, è sempre pensare al noi e non all’io”.
Ti aspettavi questa crescita di Svilar?
“Parto dal presupposto che non sono molto ferrato in materia di portieri. Anche Rui Patricio era molto forte. Mile è stato fortunato nell’averlo vicino e a beneficiare dei suoi consigli. Ci trasmette sicurezza, parla sempre con noi in campo”.
Preferisci di più un allenatore “giochista” o un tecnico pragmatico?
“Il calcio secondo me è cambiato. Adesso anche le squadre più piccole vengono sempre a giocarsela. Indipendentemente da chi c’è in panchina, io lo seguo sempre e do il massimo. In linea generale, non ho una preferenza: ogni allenatore ha le sue idee. Con De Rossi provavamo per quaranta minuti le uscite dal basso, con Mourinho curavamo in maniera maniacale la fase difensiva”.
Non pensi che, a volte, la piazza di Roma sia un limite?
“Non penso, Roma è una piazza calorosa e passionale. A Bergamo non era così. Ci sono molte aspettative e si va in campo anche per i tifosi. Vedere tutta quella gente ad accogliere i giocatori è bello”.
Se dovessi scegliere un paese estero dove andare a giocare?
“Andrei in Inghilterra. La Premier mi piace molto, anche se il tifo in Italia è più caldo e passionale. All’Olimpico siamo abituati bene, sembra che giochiamo sempre una finale”.
Gol che porta la Roma in Champions o rete che sancisce la vittoria della Conference League?
“Scelgo il primo”.
Mi fai la tua top 11 attuale?
“In porta ci metto Donnarumma. A destra Alexander-Arnold, in difesa Rudiger e Van Dijk, con Nuno Mendes a sinistra. A centrocampo Modric, Tonali e Musiala. Davanti metto Mbappé, Rodrygo e Haaland”.
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